E’ l’attacco prodigioso di Panic che fa scattare la gente. Balzano tutti, come tarantolati, e io che me li coccolo, e il sprono con voce stentorea, drammatica, vagamente oppiacea, quella voce che è Morrissey, e che certe volte, neppure Morrissey aveva…
C’è voluto del tempo, tanto tempo, e tante file vuote, tanta micragnosa voglia di farlo, di andare avanti comunque, ma poi, finalmente, i concerti sono diventati dei piccoli eventi, messe laiche per la tribù dei morrisseyani umbro-marchigiani, un passaparola tra adepti che si riconoscono al tatto, e allo sguardo. Quasi sempre triste.
E non potendo adorare l’originale, così distante, e finito troppo presto, finiscono per idolatrare questo strano clone che così follemente s’è impadronito dei loro cuori. No, io non sono un semplice coverista, e la nostra non è una semplice tribute band, e questo lo sanno bene, lo capiscono, lo sentono a pelle che io sono… sono uno di loro… e uno che davvero potrebbe pure sostituirsi a Morrissey, cazzo…
Davvero, non c’è nessuno in Italia, in questo momento, che potrebbe rendere così struggente la storia di Back to the Old House, la gente resta così, in un silenzio spettrale, attonito e commosso, o l’incalzare sinuoso e trasgressivo di This Charming Man, cantata come neanche un Aldo Busi in overdose da assenzio avrebbe potuto, e poi The boy with the thorn in his side, allegra ma non troppo, e ancora Williams… urlata con furioso trasporto, quasi rabbiosa, e l’incedere marziale e sincopato di Girl Afraid, e poi, ancora, Cementry Gates, cantata da tutto il pubblico, quasi fosse un momento liberatorio… E io, come un Cristo appeso a una croce d’autoironia, che canto Heaven knows I’m a miserable now… oppure sparo a mille l’inconfondibile urlo. “I’m livin a sign” di Vicar in a Tutu, dilatando le note sino allo stremo, e in quel momento sentendomi il Re del mondo intero. E sì, diamine! Io ne sono il segno vivente.
Non sono sempre stato così, anzì. Gli inizi erano solo un ammasso di platee vuote e indifferenza, di urlacci del pubblico verso la mia teatralità spiazzante e ambigua, e io che ricambiavo allegramente, mostrando un dito o una regale indifferenza…